ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Porta san Biele, simbolo
di una gloria effimera
>>>>> di Andrea Bentivegna <<<<<
01/08/2015 - 00:03

di Andrea Bentivegna

VITERBO - Nella toponomastica viterbese, tra le tante porte che danno accesso all’antica città medioevale, si incontra quella di San Biele.

Certo a vederla oggi, imponente e bellissima ci appare indiscutibilmente una porta medioevale eppure viene da chiedersi a che diavolo servisse e perché un edificio creato a scopo di difesa sorgesse in mezzo al nulla? Perché poi costruirla proprio lì dove non ci sono le antiche mura?

Ebbene questa porta, tra le più belle della città, oggi circondata e nascosta da una piccola selva di moderni palazzoni, è un monumento alla grandezza di Viterbo e al tempo stesso alla sua decadenza. Una storia tipicamente italiana e molto attuale potremmo dire.

Ma andiamo con ordine. Fu il glorioso capitano del popolo Raniero Gatti ad ordinarne la costruzione. Era il 1270, Viterbo era allora il centro del mondo, ed in città era riunito da ormai due anni il collegio cardinalizio che doveva eleggere il successore di Papa Clemente IV. Fu infatti proprio nel giugno di quel 1270 che lo stesso Raniero Gatti decise di serrare le porte del palazzo papale per obbligare i porporati ad eleggere il nuovo pontefice. Un fatto eclatante, un viterbese che sfidava il potere temporale della chiesa. Basta questo fatto per intuire l’importanza e quindi la ricchezza che aveva raggiunto allora la nostra città.

Fu dunque sullo sfondo di questi epici eventi che si decise di allargare in modo considerevole la cerchia delle possenti mura che difendevano e in un certo senso “difendono” tutt’oggi Viterbo. L’obiettivo era quello di estendersi verso oriente rendendo più sicure le difese proprio quel punto che storicamente era stato spesso oggetto degli attacchi nemici. Inoltre si sarebbe potuto includere nella nuova fortificazione il prezioso complesso di Santa Maria in Gradi che più volte era stato danneggiato.

Porta San Biele fu costruita ''senza imporre gravami o gabelle alla città'' così come è riportato sull’epigrafe che la sovrasta che è affiancata, propagandisticamente, dagli stemmi della famiglia Gatti. Sorgeva sulla variante della strada Cimina che raggiungeva Viterbo entrando attraverso porta Vallia preso la chiesa delle Fortezze.

Poco dopo il completamento della porta tuttavia l’elezione di Gregorio X al soglio pontificio segnò la fine della breve epoca aurea della nostra città che rapidamente, con lo spostamento del papato verso Avignone, tornò ad occupare un ruolo di secondo piano nello scacchiere politico europeo vedendosi privata del prestigio e le ricchezze dovute al fatto di essere sede papale.

L’ambizioso progetto di espansione dovette fare così i conti con la nuova realtà e fu dunque rapidamente abbandonato e porta San Biele, il cui nome è frutto della storpiatura di “San Michele” una chiesetta che esisteva in quei pressi, rimase isolata nella campagna fino, come detto, alla recente espansione urbana degli anni ’70.

Un monumento incompiuto alla grandezza della città tanto splendente quanto effimera al punto che si affermò per poi dissolversi completamente nel volgere di pochissimi anni.





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